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56. Il segno della Croce

(Ri)leggere le Lettere di sant'Ignazio


Durante il soggiorno a Manresa, quello che, a motivo delle sue illuminazioni, egli chiamerà la sua «chiesa primitiva» (FN II, 344), il Pellegrino aveva avvertito in sé, per una mozione speciale dello Spirito Santo, la presenza e l’operazione della Santissima Trinità (Au 28 et passim). La spiccata riverenza che, «ai principi della sua conversione» (Mon. Nadal IV, 645), aveva sentito verso la Maestà del Dio uno e trino riecheggia nella contemplazione dell’incarnazione (Ej 101ss.) che egli lega spontaneamente al mistero della croce (Ej 53). La vera croce è inseparabile dal Crocifisso e dal suo rapporto al Padre. Sapendo del «giudizio erroneo» (Ej 346) o dello «scrupolo» (Ej 347) che essa può generare, soprattutto fra le persone poco educate (Ej 18), il santo ci tiene a spiegarne il significato fondamentale per la nostra fede: il Padre è senza origine né fine; il Figlio nella sua incarnazione si distingue dal Padre per la sua ricettività, anche nei confronti di Maria; lo Spirito Santo sorge in modo indicibile dall’uno e dall’altro, ma principalmente dal Padre che, non essendo lui stesso generato, genera lo Spirito Santo per mezzo del Figlio; tutte e tre le Persone costituiscono una vera e unica essenza, che è, come suggeriscono gli Esercizi, «plenitudo fontalis» (cf. Ej 237), puro atto di generosità sorgiva.





Per far il segno della santa croce poniamo la mano in capo, che significa Dio Padre, il quale non procede da nessuno; quando poniamo la mano al ventre significa il suo Figliuolo, nostro Signore, il quale procede dal Padre, ed è venuto sino al ventre della sacratissima vergine Maria; quando poniamo la mano da un lato all’altro significa lo Spirito Santo, il quale procede dal Padre e dal Figliuolo; quando giungiamo le mani significa le tre Persone che sono una vera essenza; quando poniamo la croce in bocca significa in Gesù nostro salvatore e redentore, che il Padre e il Figliuolo e lo Spirito santo sono un solo Dio nostro creatore e signore, e che la divinità mai fu separata dal corpo di Cristo nella sua morte.

CB IX/3_1 [Epp 7014-F: XII, 667)










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