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10. Della consolazione senza causa

(Ri)leggere le Lettere di sant'Ignazio



Chi ha preso le giuste disposizioni nella sua vita spirituale è aperto alle «delucidazioni», «conoscenze» (Ej 176), «comunicazioni» (Ej 15) o «ispirazioni» (Ej 315) divine che procura il buono spirito. Queste si accompagnano a una forma di consolazione «senza causa precedente» (Ej 330), distinta da quella «con causa» (Ej 331), non riconducibile quindi a «propri pensieri» (Ej 32) o a uno stato d’animo anteriore di origine psicologico, bensì proveniente da Dio solo. Del Signore, infatti, è proprio produrre una mozione nell’intimo dell’anima e imprimere in essa i suoi doni. Qui il Creatore agisce in modo «immediato» (Ej 15) con la sua creatura la quale, nel «contatto» avvenuto, «si lega sempre più a lui» (Ej 20). È quanto Ignazio spiega alla sua corrispondente, mettendola però anche in guardia contro le astuzie del demonio che, nel «secondo tempo» (Ej 336), «suole ingannare con cose esteriori, apparenti e fittizie» (MHSJ 73, 329) chi non è avveduto. Dopo l’accaduto, occorre allora discernere attentamente l’origine dei pensieri (Ej 333), i quali potrebbero provenire dall’«angelo cattivo trasformatosi in angelo di luce» (Ej 332; cf. 331). A questa verifica servono pure le regole del «sentire cum Ecclesia», in particolare quella che chiede di «tenere l’animo disposto e pronto a obbedire in tutto alla vera Sposa di Cristo nostro Signore» (Ej 353), essendo il santo convinto che essa condivide «lo stesso [Santo] Spirito» di quello di «Cristo nostro Signore» (Ej 365).



A Teresa Rejadell

(18 giugno 1536)

[Conviene] dire ancora qualcosa circa ciò che noi sentiamo provenire da Dio nostro Signore, come dobbiamo intenderlo, e dopo aver inteso, come saper trarne profitto. Accade che molte volte il nostro Signore muove e spinge la nostra anima, aprendola a un’azione o a un’altra: parla, cioè, nell’intimo dell’anima senza alcun suono di voce, sollevandola tutta al suo amore divino, e noi al suo sentire, senza che ci sia possibile, anche se lo volessimo, resistere a questo sentire. Ora il sentire di lui che ci prende, è necessario che ci conformi ai comandamenti, ai precetti della Chiesa e all’obbedienza dovuta ai nostri superiori, e che sia tutto pieno di umiltà, perché lo stesso Spirito divino è in tutto. Ma qui assai spesso possiamo ingannarci perché, dopo tale consolazione o ispirazione, mentre l’anima rimane gioiosa, si avvicina il nemico con aria allegra e con buoni colori, per farci aggiungere qualcosa a ciò che abbiamo sentito da parte di Dio N.S., per metterci nel disordine e sconcertarci totalmente.

CB IV/3_1 [Epp 7: I, 105-106]

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